Comunicazioni Giugno 2022

AR 2021/2022                                                              Newsletter n. 46

  • Ruota libera: La storia del primo RC sul territorio italiano: i fondatori

 

In una precedente Newsletter di Ruota libera abbiamo parlato della frenetica attività di Chesley Perry a diffondere il Rotary nel mondo.

Oggi parliamo dell’incontro, meglio sarebbe dire impatto, di Perry con l’Italia.

Il 20 novembre del 2023 il Rotary Milano festeggerà, con il suo centesimo anniversario, anche il centesimo anniversario della nascita del Rotary in Italia: un evento che, come tutti sanno, si realizzò grazie all’appassionata propaganda di Leo Giulio Culleton, un italo-irlandese che viveva a Milano e che con un impegno di ben due anni, dal 1921 al 1923, riuscì a coinvolgere una ventina di personalità milanesi, così da raggiungere il numero sufficiente di soci per far nascere il primo Rotary Club italiano, il “Milano”.

Ma la strada dell’Italia verso il Rotary fu ancor più lunga e sofferta dei due anni impiegati da Culleton: durò ben cinque anni, dal 1918 al 1923. Infatti, le prime iniziative tendenti all’istituzione dei Rotary Club in Italia risalgono al 1918, quando era ancora in atto la Prima guerra mondiale.

Giuseppe Viale nel suo Primordi del Rotary italiano del 2009 illustra le varie tappe che, dopo numerosi insuccessi, portarono infine al risultato positivo del 1923. Paul Harris teneva molto alla diffusione del Rotary in Europa, ma la Prima guerra mondiale aveva bloccato questa marcia di avvicinamento, che prima dello scoppio delle ostilità era riuscita a raggiungere solo l’Europa insulare, cioè Gran Bretagna e Irlanda. Ma appena finita la guerra già erano nati dei club nel continente: primo fra tutti, nel 1920 in Spagna il Club di Madrid, che però durò poco, come documenta ancora Giuseppe Viale nel

suo The beginnings of Rotary in Continental Europe del 2017.

Facile fu l’ingresso del Rotary in Danimarca e Norvegia, più laborioso in Olanda e Belgio, mentre la Francia presentò le stesse snervanti oscillazioni che vedremo in Italia, risolte tuttavia due anni prima, il 4 aprile 1921, con l’inaugurazione del Club di Parigi.

In Italia il primo contatto con la dirigenza di Chicago risale al 7 maggio 1918, allorché il Segretario del Club di Seattle, Monson, comunicò al Segretario Generale del Rotary International Chesley Perry di aver individuato la persona adatta a costituire il primo Club in Italia.

 

Si trattava di un eminente uomo d’affari napoletano, Biagio Borriello che, ospite del Club di Seattle in uno dei suoi viaggi negli USA, aveva conosciuto Monson e si era dichiarato disponibile a farsi promotore della nascita di un Club rotariano nella sua città, Napoli. Le sue credenziali erano ottime: valido esponente del commercio internazionale, membro del Consiglio Direttivo della Camera di Commercio di Napoli e Console dei Paesi Bassi.

Favorevolmente impressionato, Perry accettò la proposta, tanto che prese subito contatto con Borriello, inviandogli il materiale necessario per portare immediatamente avanti la pratica. Fece di più: per stimolarlo ulteriormente gli inviò, a nome del Presidente del Rotary International John Poole, la designazione a Presidente del Comitato Organizzativo del futuro Club di Napoli.

Ma l’atteggiamento di Borriello fu sfuggente. Sia pure con grande cortesia, rispose che per il momento non si potevano bruciare i tempi, perché non era facile presentare a Napoli un’organizzazione nuova e sconosciuta, per di più straniera. Non scartava però una possibilità a più lontana scadenza, sia pur con un eventuale cambiamento di alcuni principi. Perry non insistette, ma non cancellò del tutto la persona di Borriello dai suoi programmi, tanto che gli inviò un ulteriore materiale illustrativo. Nel frattempo, si presentarono possibilità di fondare Club in altre città: nell’ottobre a Genova, poco dopo a Torino e perfino nella capitale, iniziative che tuttavia Perry scartò, forse perché, nonostante la posizione di stallo creata da Borriello, continuava a contare sulla futura collaborazione del personaggio che più degli altri gli era sembrato adatto all’impresa.

Pertanto, il 19 aprile del 1919 Perry inviò un’altra lettera a Borriello, invitandolo bruscamente a chiarire la sua posizione: o confermava la sua pur futura disponibilità o indicava un altro personaggio all’altezza della situazione.

La risposta di Borriello fu ancor più deludente: dichiarò la propria indisponibilità a creare un Club a Napoli perché il suo nuovo ufficio di consulente della delegazione italiana alla Conferenza della Pace a Versailles gli impediva ormai una costante presenza a Napoli, ma soprattutto aveva trovato nella maggior parte degli uomini d’affari da lui consultati una chiara indisponibilità a entrare in un sodalizio americano. Effettivamente si stava sviluppando in Italia un atteggiamento critico nei confronti degli USA per la posizione del Presidente Wilson, ostile alle rivendicazioni territoriali dell’Italia.

Queste dichiarazioni ebbero gravi conseguenze, irritando Perry in modo definitivo e provocando il suo disinteresse per l’ingresso del Rotary in Italia. Infatti, negli anni successivi, Perry si oppose fermamente a ogni ulteriore contatto, considerando la partita sospesa a tempo indeterminato.

Ad esempio, non diede seguito alla proposta dell’industriale tessile Alberto Frua di creare un club in una città importante come Milano, così come respinse, nell’aprile 1922, la possibilità di un club a Roma. Quando Perry apprese che la persona che avrebbe portato avanti il progetto era Raul Tolentino, massone del 33° grado del Rito Scozzese Antico, si affrettò a opporsi. L’accantonamento di questa iniziativa potrebbe essere dipeso (secondo Giuseppe Viale) dalla volontà di non lasciare spazio a illazioni sui rapporti fra Rotary e Massoneria: preoccupazione fondata, come dimostrarono nel 1928 e nel 1951 gli eventi che misero il sodalizio in gravissima posizione nei confronti del Vaticano e di tutto il mondo cattolico.

Comunque, la preclusione del RI nei confronti di uno sviluppo in Italia poteva dipendere non solo dal risentimento di un personaggio rigido come Perry ma da motivazioni politiche.

Come rivela Elena Rambaldi nella sua Storia del Rotary fra due guerre, la dirigenza di Chicago teneva ad assicurarsi della stabilità politica di un Paese prima di entrarvi. Dal primo contatto di Perry con Borriello nel maggio 1918 la situazione in Italia era molto cambiata. Il Paese era molto turbato da quello che fu definito il biennio rosso: gli scioperi a oltranza, l’occupazione delle fabbriche, gli scontri sanguinosi fra opposte fazioni e soprattutto l’orientamento delle masse verso il comunismo, evidenziato dal grande successo del XVII Congresso del Partito Comunista a Livorno il 21 gennaio 1921, facevano sollevare dubbi sulla stabilità del Paese. Ma il biennio rosso era destinato a impallidire con l’avvento del fascismo, che in un primo tempo si presentava come un valido sostegno all’ordine pubblico contro gli opposti estremismi.

Il governo di Washington manifestò il suo apprezzamento per il cambio di rotta della politica italiana e la dirigenza di Chicago ne prese atto. Comunque, qualsiasi ne fosse la motivazione, l’atteggiamento negativo del RI si annullò, capovolgendo il divieto all’introduzione del sodalizio in Italia, cui si adeguò lo stesso Perry.

Il risultato fu la nascita, grazie all’appassionata campagna di ricerca soci di Leo Giulio Culleton, del Club di Milano il 20 novembre del 1923, il primo in Italia, seguito dopo pochi mesi da un pullulare di club in molte città, ben tredici in soli due anni, tanto che fu il nostro Paese ad avere l’onore del primo Distretto in Europa, inaugurato a Milano il 3 febbraio 1925.

(ringraziamo Rita Pizzagalli e la rivista Rotary marzo 2022)